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La riforma del condominio

La legge 11 dicembre 2012, n. 220, non a caso nota come la Riforma dei Condomini, si compone di 32 articoli che novellano principalmente il capo del codice civile dedicato al condominio negli edifici (artt. 1117 e ss.), rappresentando l’approdo di un percorso di riforma che ha impegnato il Parlamento per più legislature.

(leggi il testo https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:2012-12-11;220)

I principali profili di novità introdotti dalla riforma sono i seguenti:

  • la previsione di modificazioni e tutela delle destinazioni d’uso delle parti comuni;
  • la specifica previsione delle condizioni (da tempo individuate dalla giurisprudenza) che giustifichino il distacco del singolo condomino dall’impianto centralizzato di riscaldamento;
  • la possibilità di introdurre particolari innovazioni con una maggioranza meno elevata di quella prevista attualmente dal codice (in generale, sono le innovazioni destinate al miglioramento, alla salubrità o all’uso più comodo delle cose comuni, come l’eliminazione delle barriere architettoniche, l’installazione di impianti di videosorveglianza sulle parti comuni dell’edificio, di impianti per la produzione di energia eolica, solare o comunque da fonte rinnovabile);
  • la nuova ripartizione delle spese per scale ed ascensori;
  • la disciplina relativa all’amministratore del condominio, forse la parte di maggior rilievo della riforma; in particolare, sono dettate in misura più stringente le sue attribuzioni ed i suoi doveri amministrativi e contabili in funzione di una maggior conoscibilità e trasparenza del suo operato da parte dei condomini (ad es., l’assemblea potrà deliberare l’attivazione di un sito Internet del condominio da cui consultare ed estrarre copia in formato digitale dei documenti previsti dalla delibera assembleare);
  • la previsione che i regolamenti condominiali non potranno in alcun modo vietare il possesso o la detenzione di animali domestici da parte di singoli condomini;
  • le nuove regole sulla costituzione dell’assemblea e sulla validità delle deliberazioni, di cui sono abbassati i quorum.

Vediamoli nel dettaglio

1) Le parti comuni dell’edificio (art. 1117 c.c.)

La legge contiene un’indicazione più completa, anche se non tassativa, delle parti comuni dell’edificio. Tra queste viene esplicitamente citato il sottotetto, ove esso risulti in concreto, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, oggettivamente destinato (anche solo potenzialmente) all’uso comune o all’esercizio di un servizio di interesse comune;

L’articolo 1 della legge 220/2012 sostituisce l’articolo 1117 del codice civile, fornendo una definizione più articolata di «parti comuni» dell’edificio, «oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico». Ad integrazione della formulazione originaria del codice, sono ora esplicitamente inseriti nelle parti comuni: i pilastri e le travi portanti; le facciate degli edifici; i parcheggi; i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune; gli impianti centralizzati per la ricezione radio TV e per l’accesso ad ogni genere di flusso informativo, anche satellitare o via cavo.

Il testo propone, inoltre, le nuove diciture di “impianti idrici e fognari” e di “sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento e il condizionamento dell’aria” che definiscono impianti che ricadono tra le parti comuni. Il provvedimento specifica che in caso di impianti unitari, si dovrà far rientrare l’impianto tra le parti comuni fino al punto di utenza, salve le normative di settore in materia di reti pubbliche.

2) Supercondomini (art. 1117 bis c.c.)

Il testo contiene una più aggiornata disciplina dell’ambito di applicazione della disciplina condominiale; in particolare, la novella chiarisce che la normativa del condominio si applica anche al cd. supercondominio, finora istituto d’elaborazione dottrinaria e giurisprudenziale.

L’articolo 2 della legge di riforma inserisce infatti nel codice civile l’articolo 1117-bis, che estende l’applicabilità della disciplina sul condominio a tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici, ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici, abbiano parti comuni ai sensi dell’articolo 1117

3) Destinazione d’uso delle parti comuni (art. 1117 ter)

L’articolo 2 inserisce nel codice civile anche l’art. 1117-ter, in base al quale la modifica della destinazione d’uso delle parti comuni richiede un numero di voti che rappresenti i 4/5 dei partecipanti al condominio e i 4/5 del valore dell’edificio.

Per l’assunzione delle deliberazioni in questione, la norma detta nuove modalità di convocazione dell’assemblea (raccomandata o mezzi telematici), disciplina i termini (affissione dell’avviso negli spazi comuni per almeno 30 giorni), nonché gli elementi che essa deve contenere a pena di nullità (indicazione delle parti comuni da modificare e della nuova destinazione d’uso). L’art. 1117-ter vieta inoltre le modificazioni delle destinazioni d’uso che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato o che ne alterano il decoro architettonico.

4) Destinazione d’uso delle parti comuni (art. 1117 quater c.c.)

L’ articolo 1117-quater introduce una forma di tutela contro le attività che incidono negativamente e in modo sostanziale sulle destinazioni d’uso delle parti comuni.

In tali casi, l’amministratore o i singoli condomini possono diffidare l’esecutore di tali attività e chiedere la convocazione dell’assemblea che delibera in merito alla cessazione delle attività, anche mediante azioni giudiziarie, con la maggioranza prevista dal codice all’art. 1136, secondo comma (validità delle deliberazioni a maggioranza degli intervenuti e con voti che rappresentino la metà del valore dell’edificio).

5) I diritti dei condomini: innovazioni e impianti (art. 1118 c.c.)

L’articolo 3 della legge 220/2012 sostituisce l’articolo 1118 c.c., in materia di diritto del condomino sulle parti comuni.

Il testo novellato conferma che tale diritto è proporzionale al valore dell’unità immobiliare che appartiene al condomino e che questi non può rinunciare al suo diritto sulle parti comuni né sottrarsi all’obbligo di contribuire alle spese per la loro conservazione.

L’ultimo comma della norma precisa che il singolo condomino può distaccarsi dall’impianto centralizzato di riscaldamento o condizionamento se dal fatto non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. Se il distacco è possibile, il rinunziante è tenuto a concorrere esclusivamente al pagamento delle spese di manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma.

6) L’indivisibilità del condominio (art. 1119 c.c.)

L’articolo 4 modifica l’articolo 1119 c.c. in materia di indivisibilità del condominio, specificando che la divisione delle parti comuni può essere operata solo con il consenso di tutti i condomini.

7) Condominio e innovazioni (art. 1120 c.c.)

L’articolo 5 incide sulla materia delle innovazioni novellando l’articolo 1120 c.c.

I condomini possono approvare alcune tipologie di innovazioni con la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio (ai sensi del secondo comma dell’articolo 1136 c.c.).

Tali innovazioni, nel rispetto delle normative di settore, possono avere ad oggetto:

  • miglioramento della sicurezza e della salubrità degli edifici e degli impianti;
  • eliminazione delle barriere architettoniche;
  • contenimento del consumo energetico;
  • realizzazione di parcheggi;
  • produzione di energia da impianti di cogenerazione e da fonti rinnovabili da parte del condominio o di terzi che conseguano a titolo oneroso un diritto reale o personale di godimento del lastrico solare o di altra idonea superficie comune;
  • installazione di impianti centralizzati per la ricezione di qualsiasi flusso informativo, come la ricezione televisiva, e i collegamenti fino alle diramazioni alle singole utenze, ad esclusione di impianti che non pregiudichino la destinazione della cosa comune o il diritto di condomini a farne uso.

La novella introduce, inoltre, un nuovo e più stringente iter di convocazione dell’assemblea da parte dell’amministratore. In caso di proposta di innovazione, l’amministratore è tenuto a convocare l’assemblea entro 30 giorni dalla richiesta anche di un solo condomino; tale richiesta dovrà contenere la specificazione delle innovazioni proposte e delle modalità di esecuzione dei lavori. Rimane immodificato l’ultimo comma dell’articolo 1120 c.c. ai sensi del quale non possono essere realizzate innovazioni che pregiudichino la stabilità, la sicurezza, il decoro degli edifici o che pregiudichino l’uso di parti comuni anche da parte di un solo condomino.

8) Opere su parti di proprietà o uso individuale (art. 1122 c.c.)

L’articolo 6 sostituisce l’articolo 1122 del codice civile – rubricandolo “Opere su parti di proprietà o uso individuale” – escludendo che il condomino possa eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza e al decoro architettonico dell’edificio.

L’amministratore deve in ogni caso essere avvisato prima dell’avvio dei lavori ai fini della relativa comunicazione in assemblea.

9) Impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva

L’articolo 7 inserisce dopo l’articolo 1122 c.c., il nuovo articolo 1122-bis recante disposizioni sugli impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva (ad esempio le parabole) e di produzione di energia da fonti rinnovabili.

Per quanto riguarda installazioni di impianti autonomi per la ricezione radiotelevisiva e di altri flussi informativi, la disposizione riconosce il diritto individuale del condomino alla ricezione radio-TV con impianti individuali satellitari o via cavo, ne conferma la libera realizzazione – senza previo voto dell’assemblea – precisando l’obbligo di arrecare il minor pregiudizio possibile alle parti comuni, agli immobili di proprietà di altri condomini nonché preservando il decoro dell’edificio.

Sostanzialmente l’intervento dell’assemblea condominiale è richiesto (con approvazione a maggioranza degli intervenuti e 2/3 dei millesimi, ai sensi del quinto comma dell’art. 1136) soltanto quando siano necessarie modifiche alle parti comuni; in tal caso possono essere ordinate modifiche al progetto iniziale e richiesta garanzia per eventuali danni.

L’articolo 26 della legge 220/2012 introduce poi nelle disposizioni di attuazione l’art. 155-bis, che prevede una disciplina transitoria per l’adeguamento degli impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva esistenti al momento dell’entrata in vigore della riforma: ai fini dell’adeguamento dei suddetti impianti delibera l’assemblea con le maggioranze prescritte dai primi tre commi dell’articolo 1136 c.c.

10) Impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili

Quanto agli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, la riforma ne consente l’installazione per servire singole unità immobiliari “sul lastrico solare” e “su ogni altra idonea superficie comune e sulle parti di proprietà individuale dell’interessato”, anche da parte di singoli condomini. In tali casi l’assemblea deve provvedere, a richiesta degli interessati, a ripartire l’uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni, non pregiudicando le forme di utilizzo in atto o previste dal regolamento di condominio. La norma prevede inoltre che, per la progettazione e l’esecuzione dell’impianto, i condomini debbono lasciare libero accesso alle loro proprietà individuali.

11) Impianti di videosorveglianza (arrt. 1122 ter c.c.)

Il nuovo articolo 1122-ter prevede la facoltà dell’assemblea di decidere l’installazione di impianti di videosorveglianza sulle parti comuni con la maggioranza di cui al secondo comma dell’articolo 1136 (deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio).

12) Manutenzione e sostituzione delle scale e degli ascensori

L’articolo 8 novella l’articolo 1124 c.c., rubricato “Manutenzione e sostituzione delle scale e degli ascensori”. La modifica sancisce la piena equiparazione – già riconosciuta dalla giurisprudenza – tra scale ed ascensori. La novella non sembra incidere sul caso dell’installazione ex novo dell’ascensore nell’edificio condominiale, le cui spese sono ripartite secondo il criterio dell’art. 1123 c.c. (relativo alle innovazioni) in misura proporzionale ai millesimi posseduti.

Trattandosi di innovazione gravosa, tuttavia, i condomini che non intendono usufruire dell’ascensore sono esonerati da ogni contributo alla spesa (art. 1121, comma 1).

13) Le tabelle millesimali (articoli 68 e 69 delle disposizioni di attuazione del c.c.)

La legge 220/2012 novella gli articoli 68 e 69 delle disposizioni di attuazione del codice civile, in tema di tabelle millesimali.

La prima modifica, operata dall’articolo 22, riguarda l’art. 68 e ha esclusive finalità di coordinamento con la modifica all’art. 1118 del codice civile La seconda, introdotta dall’articolo 23, interviene sull’art. 69 delle disposizioni di attuazione del codice civile relativo alla revisione delle tabelle millesimali. In particolare, la riforma afferma il principio per cui la revisione delle tabelle millesimali deve essere fatta all’unanimità.

Come eccezione al suddetto principio, vengono previsti due casi in presenza dei quali la revisione può essere effettuata a maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio. Si tratta dell’ipotesi in cui i valori millesimali siano conseguenza di un errore e dell’ipotesi di mutate condizioni dell’immobile. In particolare, la disposizione specifica che la mutazione deve comportare almeno un’alterazione di più di un quinto del valore proporzionale dell’unità immobiliare di un singolo condomino. Il relativo costo è sostenuto da chi ha dato luogo alla variazione.

Il testo novellato prevede che l’eventuale citazione in giudizio del condominio per questioni inerenti la revisione delle tabelle debba avvenire convenendo l’amministratore che dovrà dare tempestiva notizia della citazione all’assemblea dei condomini potendo, in mancanza, essere revocato e obbligato al risarcimento dei danni.

E’ infine previsto che le disposizioni di cui al medesimo articolo 69 “si applicano per la rettifica o la revisione delle tabelle per la ripartizione delle spese redatte in applicazione dei criteri legali o convenzionali”.

Nella normativa vigente, secondo l’orientamento tradizionale, l’approvazione o la revisione delle tabelle millesimali non poteva essere deliberata a maggioranza dall’assemblea condominiale. Come accade per il regolamento contrattuale, si riteneva invece necessario il consenso di tutti i condomini; in assenza di tale consenso unanime, alla formazione delle tabelle provvedeva il giudice su istanza degli interessati, in contraddittorio con tutti i condomini. Tra gli argomenti a sostegno della tesi dell’unanimità, si affermava che la materia non rientrava tra le competenze della assemblea e che l’approvazione delle tabelle si risolverebbe in un atto negoziale di accertamento, cioè una manifestazione di volontà volta ad accertare il contenuto di diritti reali spettanti a ciascun condomino.

La Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi – a Sezioni Unite – in materia di approvazione e modifica delle tabelle millesimali allegate al regolamento di condominio rendendo più facile l’intervento dell’assemblea condominiale (Cass. civ., S.U., sentenza 9 agosto 2010, n. 18477). Per la Cassazione, infatti, “le tabelle millesimali non devono essere approvate con il consenso unanime dei condomini, essendo sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’articolo 1136 c.c., comma 2” (voto a maggioranza degli intervenuti e che rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio)”.

14) Controversie in materia di condomini e mediazione

L’articolo 71-quater introduce una disciplina specifica della mediazione in relazione alle controversie in materia di condominio.

La norma richiama l’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, che prevede, tra l’altro, che chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia in materia di condominio è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione. Per quanto riguarda il campo di applicazione della disciplina la norma definisce le controversie in materia di condominio come tutte quelle controversie derivanti dalla violazione o errata applicazione del capo II del titolo VII del libro III del Codice civile (articoli da 1117 a 1139) e degli articoli da 61 a 72 delle disposizioni di attuazione.

Il nuovo articolo 71-quater disciplina alcuni specifici aspetti della mediazione in materia di condominio prevedendo che la domanda di mediazione debba essere presentata presso un organismo ubicato nella circoscrizione del tribunale nella quale è situato il condominio, a pena di inammissibilità; che al procedimento sia legittimato a partecipare l’amministratore e che l’assemblea debba decidere in merito a maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio (art. 1136, secondo comma).

Nei casi in cui i termini di comparizioni inanzi al mediatore non siano compatibili con i tempi necessari all’assunzione della delibera, su istanza del condominio è accordata proroga della prima comparizione; la proposta di mediazione deve essere approvata con maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, altrimenti essa deve ritenersi non accettata; il mediatore è tenuto a fissare il termine per la proposta di conciliazione tenendo conto delle necessità dell’amministratore di munirsi della prescritta delibera.

Sul carattere obbligatorio della mediazione è intervenuta la Corte costituzionale con la sentenza 6 dicembre 2012, n. 272, dichiarando incostituzionale l’art. 5, comma 1, del decreto legislativo 28/2010. Al momento dell’approvazione definitiva del provvedimento in Senato tale sentenza era già stata depositata, ma una modifica del testo avrebbe reso necessario un ulteriore passaggio alla Camera dei deputati, incompatibile con il previsto scioglimento delle Camere. La procedura delineata dall’art. 71-quater potrà comunque essere seguita in caso di mediazione facoltativa.

15) La gestione contabile del condominio (art. 1130 bis c.c.)

L’articolo 11 aggiunge al codice civile l’art. 1130-bis, relativo al rendiconto condominiale annuale, con la finalità di assicurare maggiore trasparenza nella gestione contabile dell’amministratore. E’ infatti previsto che il rendiconto debba contenere una serie di specifiche voci contabili indispensabili alla ricostruzione e al controllo della gestione dell’amministratore da parte di ogni condomino.

In particolare, si prevedono come elementi imprescindibili del rendiconto: il registro di contabilità; il riepilogo finanziario; una sintetica nota di accompagnamento, esplicativa della gestione annuale. L’assemblea condominiale può, in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate, nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio. La deliberazione è assunta con la maggioranza prevista per la nomina dell’amministratore e la relativa spesa è ripartita fra tutti i condomini sulla base dei millesimi di proprietà. L’assemblea può anche nominare, oltre all’amministratore, un consiglio di condominio composto da almeno tre condomini negli edifici di almeno dodici unità immobiliari. Il consiglio ha funzioni consultive e di controllo.

16) La gestione di iniziativa individuale (art,. 1134 c.c.)

L’articolo 13, comma 1, modifica l’articolo 1134 c.c. relativo alla gestione di iniziativa individuale confermando, nella sostanza, il contenuto della norma previgente relativa all’eslusione del diritto al rimborso per le spese fatte dal condomino. Nella nuova formulazione prevede in luogo del riferimento al “condomino che ha fatto spese per le cose comuni” quello, più ampio, al “condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni”.

17) La riscossione dei contributi dai singoli condomini

L’articolo 18 della legge 220/2012 interviene sull’art. 63 delle disposizioni di attuazione del codice civile, in tema di riscossione dei contributi dai singoli condomini.

La riforma specifica che per la riscossione delle somme dovute, l’amministratore può attivare la procedura d’ingiunzione senza dover richiedere una preventiva autorizzazione all’assemblea. Viene inoltre previsto l’obbligo per l’amministratore di comunicare ai creditori non soddisfatti i dati dei condomini morosi, affinché questi possano agire in prima battuta nei loro confronti (rivolgendosi solo in un secondo momento ai condomini in regola con i pagamenti).

In base alle disposizioni vigenti, infatti, la natura delle obbligazioni dei condomini verso i terzi è oggetto di ampio dibattito in dottrina e in giurisprudenza. Secondo l’orientamento prevalente, il principio della ripartizione delle spese pro quota tra i condomini ha valore solo interno, mentre verso i terzi la loro responsabilità è necessariamente solidale, in applicazione del principio generale sancito dall’art. 1294 del codice.

La tesi minoritaria della parzialità fa leva sull’art. 1123 del codice intesa quale norma speciale rispetto all’art. 1294 e pertanto operante non solo nei rapporti interni fra i condomini, ma anche nei confronti dei terzi. La giurisprudenza ha ritenuto, nella maggior parte dei casi, che i singoli condomini, in base all’art. 1294 citato, sono solidalmente responsabili nei confronti dei terzi, salvo il diritto di chi ha pagato di esercitare verso i condomini condebitori il diritto di regresso e di dividere il debito nei rapporti interni.

La riforma dà una limitata proiezione esterna alla ripartizione pro quota delle spese, affermando che i creditori del condominio devono escutere in prima battuta i condomini morosi, ma non elimina comunque il principio di solidarietà, consentendo laddove l’azione sia infruttuosa, la possibilità di rivolgersi anche ai condomini in regola con i pagamenti.

La novella normativa ribadisce la possibilità per l’amministratore di sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato se la mora si protrae per 6 mesi, facendo venir meno la necessità di una previa autorizzazione a tal fine nel regolamento di condominio.

Viene ribadita la previsione per cui chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi dovuti relativi all’anno in corso e a quello precedente.

L’assemblea di condominio

Novità anche in tema di assemblea condominiale.

Attribuzioni (art. 1135 c.c.)

Il comma 2 dell’articolo 13 apporta modifiche all’articolo 1135 c.c. in materia di attribuzioni dell’assemblea prevedendo che per i lavori straordinari, come per le innovazioni, sia obbligatoria (e non eventuale come nel testo vigente) la costituzione di un fondo speciale; l’importo del fondo dovrà essere pari all’ammontare dei lavori.

La norma consente inoltre all’assemblea di autorizzare l’amministratore a collaborare a progetti territoriali delle amministrazioni locali, o di soggetti privati qualificati, volti al recupero del patrimonio edilizio esistente, al miglioramento della vivibilità urbana, della sicurezza e della sostenibilità ambientale della zona in cui il condominio è ubicato.

Costituzione e maggioranze (art. 1136 c.c.)

L’articolo 14, intervenendo sull’art. 1136 c.c., introduce importanti novità in materia di deliberazioni dell’assemblea, prevedendo nuove regole di costituzione e validità delle deliberazioni e abbassando i quorum costitutivi e deliberativi.

Nel testo riformato è prevista la validità della costituzione dell’assemblea in prima convocazione, fermo restando i 2/3 dei millesimi, ove sia presente la maggioranza dei condomini – ovvero degli aventi diritto (laddove precedentemente servivano i 2/3 dei condomini).

L’assemblea in seconda convocazione è regolarmente costituita con l’intervento di un terzo dei partecipanti al condominio e un terzo dei millesimi. Inoltre, le deliberazioni dell’assemblea in seconda convocazione sono valide se ottengono un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti (anziché un terzo dei partecipanti al condominio); rimane ferma la necessità che i voti favorevoli alla delibera costituiscano un terzo dei millesimi.

Non viene modificato il secondo comma dell’articolo 1136, che stabilisce generalmente la validità delle deliberazioni approvate con la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio. Tale maggioranza è sempre richiesta, ai sensi del quarto comma del nuovo articolo 1136, per deliberazioni concernenti:

  • nomina e la revoca dell’amministratore;
  • liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore;
  • ricostruzione dell’edificio o riparazioni straordinarie di notevole entità;
  • tutela delle destinazioni d’uso come disciplinata dall’articolo 1117-quater;
  • le innovazioni deliberate ai sensi dell’articolo 1120, secondo comma;
  • impianti di videosorveglianza sulle parti comuni ai sensi dell’articolo 1122-ter;
  • altre materie disciplinate dall’articolo 1135, terzo comma, relativo a programmi ed iniziative territoriali.

Al contrario le deliberazioni relative ad innovazioni incidenti sulle cose comuni (art. 1120, primo comma e art. 1122-bis, terzo comma, quest’ultimo relativo all’installazionedi impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva e di produzione di energia da fonti rinnovabili) sono adottate con maggioranza qualificata: maggioranza degli intervenuti e 2/3 dei millesimi.

Infine viene confermata la norma secondo la quale l’assemblea, per deliberare regolarmente, deve aver regolarmente convocato tutti gli aventi diritto.

Gli articoli 27, 28, e 29 della legge hanno finalità di coordinamento della normativa vigente con le modifiche apportate dalla riforma in ordine alle maggioranze richieste per le deliberazioni condominiali “di interesse sociale”.

In particolare, in tutti gli articoli, il riferimento all’articolo 1136 del codice civile è sostanzialmente sostituito con quello all’articolo 1120, secondo comma del codice civile (come modificato dall’art. 5 della legge, v. sopra). Così facendo, il legislatore richiede in tutti i casi considerati una maggioranza relativa – ovvero degli intervenuti all’assemblea condominiale – purché rappresentativa di almeno un terzo del valore dell’edificio. Analiticamente, tale novella è apportata dall’articolo 27 all’art. 2 della legge 9 gennaio 1989, n. 13, in tema di eliminazione delle barriere architettoniche. L’articolo 28 novella invece l’articolo 26 della legge 9 gennaio 1991, n. 10 in tema di risparmio energetico. L’articolo 29 opera analogo intervento sull’articolo 2-bis, comma 13, del decreto-legge 23 gennaio 2001, n. 51, in tema di installazione di impianti televisivi.

Per quanto invece riguarda le modalità di convocazione dell’assemblea di condominio l’articolo 20 novella l’art. 66 delle disposizioni di attuazione del codice civile.

Tra le novità si segnala la previsione per cui l’avviso di convocazione dell’assemblea, debba essere comunicato con almeno cinque giorni di anticipo e debba contenere l’ordine del giorno della stessa. La nuova disposizione codifica un principio già ampiamente affermato dalla giurisprudenza, attraverso un’applicazione anche al condominio degli edifici dell’art. 1105, terzo comma, c.c. (in tema di comunione) in base al quale «Per la validità delle deliberazioni della maggioranza si richiede che tutti i partecipanti siano stati preventivamente informati dell’oggetto della deliberazione». La Cassazione ha infatti avuto modo di sostenere che «in tema di deliberazioni dell’assemblea condominiale, ai fini della validità dell’ordine del giorno occorre che esso elenchi specificamente, sia pure in modo non analitico e minuzioso, tutti gli argomenti da trattare, sì da consentire a ciascun condomino di comprenderne esattamente il tenore e l’importanza, e di poter ponderatamente valutare l’atteggiamento da tenere, in relazione sia alla opportunità o meno di partecipare, sia alle eventuali obiezioni o suggerimenti da sottoporre ai partecipanti»

L’avviso di convocazione deve essere consegnato a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano. Ogni omissione relativa alla convocazione dell’assemblea rende le delibere assunte annullabili.

E’ inoltre previsto che l’assemblea in seconda convocazione non possa tenersi lo stesso giorno solare nel quale era prevista l’assemblea in prima convocazione; mentre per velocizzare la procedura è possibile già in sede di convocazione dell’assemblea (prima convocazione) indicare data e luogo delle eventuali successive convocazioni.

Novità anche in tema di modalità di partecipazione all’assemblea condominiale

L’articolo 21 della legge 220/2012 sostituisce l’articolo 67 delle disposizioni di attuazione del codice civile, prevedendo che il condomino che voglia farsi rappresentare all’assemblea condominiale debba conferire una delega scritta. Esclusa la possibilità, se i condomini sono più di 20, che il delegato possa rappresentare più di un quinto dei condomini o del valore proporzionale; e che la delega possa essere conferita all’amministratore di condominio.

La riforma disciplina inoltre l’assemblea per la gestione delle parti comuni a più edifici o a più condomini: in questi casi – se in totale i condomini interessati sono più di 60 – occorre che il singolo condominio designi il proprio rappresentante all’assemblea convocata per la gestione delle parti comuni e per la nomina dell’amministratore. In mancanza, all’individuazione del rappresentante provvederà l’autorità giudiziaria.

Il rappresentante del condominio – che agisce in base all’istituto del mandato (art. 1703 e ss. del codice civile) – riferirà all’amministratore di ciascun condominio gli esiti dell’assemblea.

La norma disciplina anche la partecipazione all’assemblea ed il riparto delle spese tra proprietario dell’immobile e usufruttuario.

Impugnazione delle delibere (art. 1136 c.c.)

L’articolo 15 sostituisce l’articolo 1137 c.c., in materia di impugnazione delle deliberazioni dell’assembleari. Coerentemente con la giurisprudenza, il nuovo articolo 1137 attribuisce la legittimazione ad impugnare le delibere assembleari, oltre che al condomino dissenziente e all’assente, anche all’astenuto.

La disposizione chiarisce inoltre che il ricorso è volto all’annullamento della delibera assembleare; e che l’istanza per ottenere la sospensione proposta prima dell’inizio della causa di merito non sospende né interrompe il termine per la proposizione dell’impugnazione della deliberazione.

Il regolamento di condominio

Il regolamento di condominio contiene tutte le norme relative all’uso dei beni comuni, ai diritti e agli obblighi dei condomini e così via.

In buona sostanza, come dice il nome, regola la vita di condominio, indicando le norme da seguire, ad esempio, sulla ripartizione delle spese e sul decoro del palazzo.

La giurisprudenza lo ha definito lo «statuto della collettività condominiale, come atto volto ad incidere con un complesso di norme giuridicamente vincolanti per tutti i componenti di detta collettività» (Cass. 12342/1995). È sempre redatto in forma scritta a pena di nullità (Cass. S.U. 943/1999) e si trova allegato nel registro dei verbali, tenuto dall’amministratore (art. 1130 c. 1 n. 7 c.c.).

Normativa di riferimento

  • l’art. 1138 c.c. contenente le regole di portata generale, l’indicazione delle maggioranze per la sua approvazione, il contenuto, le norme inderogabili,
  • l’art. 72 disp. att. c.c. sulle sanzioni previste in caso di inosservanza del regolamento,
  • l’art. 155 disp. att. c.c. che indica le disposizioni di attuazione considerate inderogabili.
Il regolamento di condominio nella riforma

L’articolo 16 della legge 220 del 2012 coordina il contenuto dell’articolo 1138 c.c. (sull’approvazione del regolamento di condominio) con le nuove disposizioni dell’articolo 1130 (sulle attribuzioni dell’amministratore).

Tipologie di regolamenti condominiali

Il regolamento condominiale può essere contrattuale (o convenzionale), assembleare (o maggioritario) e in via residuale può essere adottato coattivamente in sede giudiziale.

Il regolamento contrattuale o convenzionale solitamente è predisposto dall’originario proprietario di tutto lo stabile (nella maggior parte dei casi, si tratta del costruttore). Tale regolamento è espressamente richiamato all’interno degli atti di acquisto delle singole unità immobiliari e ciascun condomino vi aderisce al momento dell’acquisto.

Si parla di regolamento convenzionale anche con riferimento a quello adottato da tutti i condomini, all’unanimità, in assemblea o adottato da tutti i condomini e sottoscritto da essi.

Il regolamento contrattuale vincola tutti i condomini e anche i successivi acquirenti. Dal momento che il regolamento può contenere delle limitazioni alla proprietà esclusiva, è necessario che l’acquirente lo abbia accettato per iscritto in modo inequivocabile.

In merito si sono sviluppate due tesi contrapposte. La prima sostiene che il regolamento contrattuale vincola anche i successivi aventi causa purché sia stato trascritto (Cass. 21024/2016). Una seconda teoria vorrebbe invece il regolamento contrattuale vincolante per i successivi proprietari se richiamato nell’atto di acquisto, senza che sia necessaria la trascrizione, in quanto da ritenersi conosciuto o accettato in base al richiamo o alla menzione di esso nel contratto (Cass. 19212/2016; Cass. 22310/2016).

Il regolamento contrattuale prevale sulle norme del Codice civile, fatte salve le disposizioni espressamente indicate come inderogabili e le norme imperative.

Il regolamento assembleare è invece adottato dall’assemblea condominiale con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio (art. 1138 c. 3 c.c. che richiama l’art. 1136 c. 2 c.c.). Ogni condomino può assumere l’iniziativa per l’adozione del regolamento rivolgendosi all’amministratore, che dovrà convocare l’assemblea.

Il regolamento, una volta adottato, vincola alla sua osservanza tutti i condomini al pari di una delibera assembleare. Il contenuto di tale forma di regolamento è più limitato in quanto, a differenza di quello contrattuale, non può incidere sui diritti dei singoli condomini, sulle parti comuni, sulle parti di proprietà esclusiva.

A titolo esemplificativo, quindi, il regolamento assembleare non può contenere divieti di destinazione (ad esempio, non può vietare di adibire l’immobile ad uso commerciale), né vantaggi a favore di alcuni condomini e a scapito di altri.

Da quanto sopra emerge che il regolamento assembleare si limita a dettare norme che disciplinano l’uso e le modalità di godimento delle cose comuni, la ripartizione delle spese e la tutela del decoro architettonico. Il regolamento adottato a maggioranza può occuparsi dell’uso delle cose comuni, purché ne sia assicurato il pari uso a tutti i condomini (Cass. 12873/2005).

Tale regolamento non è soggetto a trascrizione, ma deve essere allegato al registro dei verbali, come già detto nel paragrafo 1.

Il regolamento adottato coattivamente (giudiziale)

Se il numero dei condomini è superiore a dieci (e, quindi, l’adozione del regolamento sia obbligatoria) e l’assemblea non provvede o non si trova un accordo o rigetta la richiesta di formazione del regolamento, ciascun condomino, nel silenzio o nel rifiuto dell’adunanza assembleare, può adire l’autorità giudiziaria. In tale circostanza, il giudice può approvare il regolamento formato su iniziativa di un condominio, come prevede l’art. 1138 c. 2 c.c., nondimeno, il magistrato non può predisporlo autonomamente (Cass. 12291/2011).

Il regolamento viene così adottato coattivamente e ha efficacia vincolante per tutti i condomini dopo il passaggio in giudicato della sentenza (Cass. 1218/1993). Infatti, ai sensi dell’art. 2909 c.c., l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa.

Contenuti del regolamento di condominio

Il regolamento di condominio contiene le norme circa l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle relative all’amministrazione (art. 1138 c. 1 c.c.).

Contenuti necessari:

  • i dati identificativi dello stabile (i riferimenti catastali),
  • l’indicazione delle parti comuni dell’edificio, delle pertinenze, delle parti coperte e scoperte,
  • le regole per l’uso delle parti comuni, come il giardino, la piscina, il lastrico, il parcheggio; ad esempio, possono essere indicati gli orari in cui è possibile fruire della piscina o del parco giochi, o gli orari per alcune immissioni rumorose;
  • le norme sulla ripartizione delle spese sulle parti comuni, ad esempio, tramite la tabella riscaldamento, la tabella ascensore, la tabella scale e così via (si rinvia alla guida sulle tabelle condominiali);
  • le regole sul decoro dell’edificio, ad esempio, in merito alla facciata condominiale, alla possibilità di affiggere targhe o installare antenne;
  • le regole sull’amministrazione dello stabile, ad esempio, sulla scelta dell’amministratore, sulla presenza di consiglieri, sull’assemblea e così via.
Il regolamento e gli animali domestici in condominio

Il regolamento sia esso contrattuale o assembleare non può vietare di possedere o detenere animali domestici. Lo prevede oggi espressamente l’art. 1138 c. 5 c.c..

Sono pertanto nulle le clausole contenute nel regolamento che vietino la detenzione degli animali domestici. In buona sostanza, la norma ha introdotto il diritto di coabitazione con il proprio animale di affezione. Mentre permane il divieto di detenere animali pericolosi ai sensi della legge 150/1992.

Sanzioni per inosservanza

L’articolo 24 interviene sull’art. 70 delle disposizioni di attuazione, in tema di sanzioni pecuniarie per la violazione del regolamento di condominio. In particolare la disposizione aggiorna la sanzione prevista, portandola da 0,052 euro (pari a 100 lire) a 200 euro. La novella prevede inoltre una sanzione più elevata in caso di recidiva (fino a 800 euro).